Occhi nuovi grazie alle staminali || #IntesaScienceNews || Intesa Universitaria
Le cellule staminali pluripotenti indotte possono essere usate per generare i tessuti dell’occhio in un modo che rispecchia lo sviluppo naturale dello stesso, così da debellare il rischio di riopacizzazione della struttura oculare in seguito al trapianto di cornea.
In un articolo pubblicato su “Nature”, un gruppo di ricercatori dell’Università di Osaka ha definito un metodo per generare i principali tipi di tessuto oculare mediante cellule staminali pluripotenti indotte umane.
L’occhio è infatti composto di tessuti altamente specializzati che sono derivati da una varietà di linee cellulari differenti.
Nel caso di opacizzazione della cornea, frequente è il ricorso al trapianto da parte di un donatore. Tuttavia, per quanto i trapianti corneali abbiano una probabilità di rigetto molto più bassa di altri organi o tessuti del corpo, la cornea torna a opacizzarsi in una percentuale significativa di pazienti entro cinque anni.
Una strategia alternativa prevede l’uso di cellule staminali prelevate dal cosiddetto limbus del paziente stesso, una regione al confine tra la cornea e la congiuntiva, ma spesso non risulta possibile recuperarne un numero sufficiente da coltivare in provetta.
Ora Ryuhei Hayashi e colleghi sono riusciti a stabilire un protocollo che consente di generare molteplici linee cellulari dei tessuti oculari a partire da staminali pluripotenti indotte umane, col benefico vantaggio che le cellule epiteliali corneali, coltivate in vitro, possono essere trapiantate riparando in modo efficace la parte anteriore dell’occhio.
In un ulteriore articolo reso noto sempre su “Nature”, alcuni ricercatori della Sun Yat-sen University, in Cina, e dell’Università della California, a San Diego, hanno dimostrato -in esperimenti sul topo- che la cataratta è curabile con l’ausilio di una tecnica chirurgica minimamente invasiva basata sul recupero di cellule staminali/progenitrici del tessuto del cristallino, coltivabili in vitro e successivamente reimpiantabili.
Ciò permetterebbe non solo di ridurre drasticamente il rischio di complicanze rispetto all’impianto di protesi artificiali, ma anche un trattamento migliore e più semplice della cataratta congenita, che è la prima causa di cecità in età pediatrica e che richiede un percorso terapeutico molto più complesso della cataratta dell’adulto.
Fonte: Le Scienze
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