#IntesaScienceNews: Rischio d’immortalità dei batteri
Il consumo globale degli antibiotici cresce in modo sempre più accentuato facilitando lo sviluppo di resistenze. L’aggiunta sistematica di questi farmaci ai mangimi favorisce lo scambio di geni per la resistenza agli antibiotici tra batteri dell’intestino degli animali, aumentando il rischio di antibiotico-resistenza anche per gli esseri umani.
L’uso globale di antibiotici cresce e preoccupa
Dal 2000 al 2015 il consumo globale di antibiotici, sia quello in valori assoluti sia quello medio pro capite, è cresciuto vertiginosamente. Questo andamento pone un’ulteriore sfida ai tentativi di contenere lo sviluppo della resistenza a questi farmaci, che rappresenta una delle principali minacce per la salute pubblica a livello mondiale, come ha mostrato uno studio di ricercatori della Princeton University, del Politecnico federale di Zurigo e dell’Università di Anversa, che firmano un articolo sui “Proceedings of the National Academy of Sciences“.
La perdita di efficacia degli antibiotici è dovuta in gran parte a modelli di consumo inappropriati. Tuttavia, se da un lato è fondamentale ridurre l’uso di questi farmaci, dall’altro è anche necessario migliorare l’accesso agli antibiotici nei paesi a basso reddito, dove maggiore è l’incidenza delle malattie infettive e più elevato il numero di decessi che causano.
Per esempio il tasso di consumo delle penicilline ad ampio spettro, gli antibiotici di più vasto uso, è aumentato del 36 per cento a livello mondiale (del 56 per cento nei paesi a basso reddito e del 15 per cento nei paesi ad alto reddito). Il consumo delle nuove classi di antibiotici di ultima istanza (ossia quelli da usare dopo che si sono dimostrati inefficaci altri antibiotici), come linezolidi, carbapenemi e colistina, è aumentato in modo significativo in quasi tutti i paesi.
“Ora più che mai abbiamo bisogno di interventi efficaci, tra cui la gestione responsabile, l’educazione pubblica e la riduzione dell’uso eccessivo degli antibiotici di ultima istanza”, ha detto Eili Klein, coautore dello studio, sottolineando come disporre di un quadro affidabile del loro consumo fosse una premessa indispensabile per individuare le soluzioni migliori. “I nuovi farmaci possono fare poco per risolvere il problema della resistenza se poi vengono usati in modo inappropriato, una volta introdotti”.
Come i batteri acquisiscono la resistenza agli antibiotici
La resistenza agli antibiotici è un problema sempre più serio in tutto il mondo: esistono infatti ceppi di batteri che non possono essere eradicati, ponendo in serio pericolo la salute della persona infetta. Per trovare una soluzione, molti ricercatori stanno ora cercando di capire quale possa essere l’origine dei geni che conferiscono ai batteri la loro “immortalità”.
Un nuovo studio pubblicato su “Nature Communications” da Xinglin Jiang e colleghi della Novo Nordisk Foundation Center for Biosustainability – DTU Biosustain, presso la Technical University of Denmark, dimostra ora quella che per circa 30 anni è rimasta solo un’ipotesi: i geni della resistenza antibiotica hanno origine da una famiglia di microrganismi che vive nei suoli: gli attinobatteri.
In una serie di esperimenti, i ricercatori hanno scoperto che in una famiglia di patogeni, chiamati gram-negativi, molti geni della resistenza sono simili ai geni della resistenza che si trovano negli attinobatteri. In un caso in particolare, è risultata una corrispondenza del 100 per cento.
La scoperta non era facile da spiegare: come fanno batteri molto diversi dagli attinobatteri ad acquisire da essi i geni della resistenza antibiotica? Le analisi genetiche hanno permesso d’individuare un nuovo meccanismo chiamato carry back, durante il quale i patogeni gram-negativi iniettano il loro DNA negli attinobatteri, dove si ricombina con il DNA dell’ospite che contiene i geni della resistenza antibiotica. Morto l’attinobatterio, il DNA ricombinante viene rilasciato nell’ambiente. Infine, il DNA iniettato può agire come una sorta di colla, mediando l’acquisizione dei geni della resistenza da parte dei patogeni, grazie a un fenomeno chiamato trasformazione naturale.
Perché avvenga il trasferimento è sufficiente che vi sia un’occasione di contatto tra i due batteri, per esempio in un allevamento di animali, o in un terreno in cui vengono abbandonati rifiuti ospedalieri non trattati. Una volta acquisiti i geni necessari, il patogeno può diventare resistente ed essere pericoloso per gli esseri umani infettati successivamente.
“Ancora non siamo in grado di fermare il processo di trasferimento genico, ma una volta che sono noti i geni che conferiscono ai patogeni la resistenza antibiotica è possibile, in linea di principio, sviluppare nuovi antibiotici con altre caratteristiche da cui i patogeni non possono difendersi”, ha concluso Tilmann Weber, autore senior dello studio.
Antibiotici negli allevamenti: rischi per la nostra salute
In molte parti del mondo gli allevamenti usano antibiotici regolarmente e non solo per curare gli animali malati. I farmaci antimicrobici, infatti, vengono impiegati come additivi per stimolare la crescita degli animali.
I ricercatori hanno analizzato come gli antibiotici possano influenzare i profagi (o fagi), segmenti di DNA integrati nel genoma dei batteri, che possono comprendere geni per la resistenza agli antibiotici e altri geni utilizzabili dai batteri. I profagi possono separarsi dal DNA batterico, in un processo chiamato induzione, per poi replicarsi e impacchettarsi come virus. Questi virus fanno esplodere la cellula dall’interno e si muovono poi per infettare altri organismi e per diffondere i propri geni.
Quando ai maiali vengono dati antibiotici, il numero effettivo dei geni che nei fagi conferiscono la resistenza rimane costante ma i microrganismi reagiscono ancora alla presenza dei farmaci. I profagi subiscono un significativo incremento nell’induzione quando esposti agli antibiotici, il che sembra suggerire un aumento della mobilità dei geni dei profagi tra i batteri del tratto digestivo degli animali.
Se i batteri che si trovano negli esseri umani acquistano geni per l’antibiotico-resistenza da animali, ci potrebbero essere serie conseguenze per la salute.
Un caso allarmante di diffusione della resistenza agli antibiotici
Nei batteri di maiali cinesi è stato scoperto un gene (denominato mcr-1) che conferisce resistenza alla colistina, un antibiotico “di ultima istanza”.
In alcuni luoghi, quasi il 100 per cento degli animali da fattoria era portatore di mcr-1, e così pure un numero crescente di esseri umani. “La diffusione del gene è uno degli esempi più chiari di come l’uso degli antibiotici nelle aziende zootecniche possa portare alla resistenza anche nelle infezioni umane”, afferma Lance Price, ricercatore esperto in antibiotici alla George Washington University di Washington, DC.
Diffusione della resistenza
I geni di resistenza alla colistina si evolvono naturalmente nei batteri, ma gli esperti di sanità pubblica hanno cominciato a preoccuparsi quando i ricercatori cinesi hanno riferito che mcr-1 era passato dal genoma batterico a un plasmide: un frammento circolare di DNA che può saltare facilmente tra le specie di batteri.
E’ stato trovato mcr-1 in molti diversi plasmidi e ceppi di batteri. Il gene sembra particolarmente abile a saltare in organismi diversi, il che potrebbe renderlo molto efficace e difficile da trattare. Se una persona ha mangiato carne cruda o lavorato con animali che ospitano batteri contenenti mcr-1, i suoi microbi intestinali teoricamente potrebbero acquisire il gene di resistenza.
Fonti: http://www.lescienze.it/news/2018/03/27/news/consumo_globale_antibiotici_resistenza-3917419/
http://www.lescienze.it/news/2017/06/21/news/geni_resistenza_antibiotici_attinobatteri-3575499/
Articolo a cura di:Flavia Bonfiglio