#IntesaScienceNews: CRISPR: MANIPOLAZIONE DEL GENOMA PER LA CURA DELLE MALATTIE
Questa particolare tecnica, basata sull’induzione di mutazioni su geni specificatamente selezionati di cellule staminali, consente di analizzare in maniera stupefacente numerose patologie al fine successivamente di intervenire nella cura, e negli ultimi anni sta guadagnando nel campo della ricerca un uso sempre più versatile e preciso.
CRISPR, la nuova tecnica che consente di correggere il DNA lettera per lettera, sta rivoluzionando la vita dei ricercatori.
Cominciando dal CattaneoLab, il laboratorio di biologia delle cellule staminali e farmacologia delle malattie neuro-degenerative dell’Università di Milano, CRISPR viene ad esempio impiegato per lo studio della Corea di Huntington.
“Abbiamo iniziato a usare CRISPR nel 2015 ed è una tecnica magica, fenomenale, ha cambiato la strategia dei nostri esperimenti” sostiene Chiara Zuccato, farmacologa dell’Università di Milano impegnata nell’ utilizzo della tecnica. “La malattia che studiamo, l’Huntington, colpisce il cervello ed è causata da mutazioni in un gene che, nella sua versione sana, serve a produrre una proteina importante per lo sviluppo e il funzionamento dei neuroni, l’huntingtina (HTT). Quando questo gene muta (la mutazione consiste nell’espansione di triplette CAG ripetute) si produce una versione tossica della proteina che danneggia i neuroni e fa insorgere la malattia. Tra i nostri obiettivi c’è lo studio delle funzioni di questo gene per verificare se sono compromesse dalla mutazione. Per riuscirci introduciamo mutazioni mirate nel gene e lo facciamo nelle cellule staminali embrionali di topo e anche umane. Quindi osserviamo se sono in grado di differenziarsi correttamente in neuroni. In pratica studiamo le correlazioni fra struttura e funzione.”
Ma che vantaggi offre la nuova tecnica?
“Quando ho cominciato a muovere i primi passi in laboratorio, nel 1999, servivano due o tre anni solo per ingegnerizzare il gene di interesse e potevamo anche non riuscirci. Si usava la ricombinazione omologa, la tecnica per cui ha ricevuto il Nobel Mario Capecchi. Ma è una tecnica difficile da usare, con un’efficienza molto bassa. Oggi, grazie a CRISPR, ci basta poco più di un mese. Un paio di settimane per ricevere dalla ditta fornitrice il kit su misura, che include l’enzima taglia-DNA (Cas9) e la guida di RNA che trova il punto esatto sul gene da editare. Altre due o tre settimane per eseguire l’esperimento.”
Tramite la ricombinazione omologa si introducono dei filamenti di DNA circolare (plasmidi) contenenti il gene d’interesse modificato (transgene), che si integrano in punti casuali del genoma delle cellule. Il problema però consiste nel fatto che il transgene si inserisce in punti casuali e potrebbe interrompere sequenze di altri geni. Oggi, con CRISPR, si può fare tutto molto più velocemente, in un quindicesimo del tempo, modificando il gene endogeno senza aggiungere DNA estraneo.
Prendendo l’esempio della Corea di Huntington citato precedentemente, il gene Huntington è molto grande e produce una proteina di più di 3000 elementi di base(amminoacidi). Confrontando le proteine di diverse specie si è scoperto che la parte più interessante è rappresentata dai primi 500 amminoacidi che bastano da soli a svolgere funzioni importanti per i neuroni. Viene mutagenizzata questa regione per capire se ci sono porzioni ancora più piccole, anche singoli aminoacidi, essenziali per lo svolgimento di queste funzioni.
Come si introduce l’enzima taglia-DNA e la sua guida all’ interno delle cellule?
Ciò è possibile con l’inserimento del plasmide che contiene le sequenze per l’enzima Cas9 e per l’RNA guida dentro ai liposomi, che sono vescicole lipidiche, si mette la miscela sopra le cellule da editare e i liposomi si fondono con la membrana citoplasmatica che le riveste, liberando il contenuto all’interno. Cas9 e RNA guida raggiungono quindi il sito bersaglio sul DNA da mutare.
Ci si può chiedere se CRISPR potesse presentare anche dei problemi nella sua applicazione.
“Può capitare che agisca anche in punti del DNA diversi da quelli desiderati, di solito sono siti simili all’obiettivo scelto” spiega la farmacologa. “Accade però molto raramente perché la tecnica è veramente specifica. Se abbiamo il sospetto che questo possa accadere, una volta eseguito l’editing si può sequenziare il DNA cellulare per verificare che non ci siano effetti off-target. Ormai costa poco farlo.”
Oltre l’utilizzo della variante della tecnica con Cas9, ha trovato consistente impiego anche quella che riconosce un sito bersaglio sul DNA senza tagliarlo, una variante specifica detta dead-Cas9 che può essere legata a proteine che attivano o silenziano promotori e che è quindi particolarmente utile quando si vuole modulare l’espressione di un gene e non mutarlo.
CRISPR è stata impiegata anche per lo studio dell’anemia falciforme. In questo caso, cellule staminali ematopoietiche prelevate dal sangue di pazienti affetti dalla patologia sono state corrette con la tecnica di editing genetico CRISPR-Cas9 per essere poi reinfuse in topi, dove si sono moltiplicate mantenendo il gene corretto a lungo termine e producendo una popolazione di globuli rossi sani senza effetti collaterali. Ciò apre le porte allo sfruttamento della tecnica CRISPR-Cas9 per sviluppare terapie anche per altre malattie del sangue come la β-talassemia, l’immunodeficienza combinata grave (SCID), la malattia granulomatosa cronica, malattie rare come la sindrome di Wiskott-Aldrich e l’anemia di Fanconi, ma anche l’infezione da HIV.
Un passo in avanti verso la possibilità di correggere mutazioni genetiche direttamente negli embrioni, invece, è stato fatto da un gruppo di ricercatori cinesi, che in un esperimento pilota su alcuni embrioni umani ha usato con successo la tecnica di editing genetico CRISPR-Cas9 per correggere una mutazione dannosa nelle cellule di tre di essi.
Recentemente, inoltre, CRISPR è stata impiegata anche per lo studio della retinite pigmentosa. L’idea è stata di intervenire su un fattore di trascrizione che specifica il destino dei fotorecettori durante lo sviluppo della retina. L’attivazione del gene per questo fattore – chiamato NRL (Neural Retina Leucine) – blocca la trasformazione della cellula da bastoncello a cono. L’interruzione della produzione di NRL avrebbe dovuto riattivare la progressione dei bastoncelli verso la trasformazione in coni, che sono in grado di tollerare molto meglio gli effetti deleteri della mutazioni che causano la retinite pigmentosa.
I ricercatori hanno testato con successo l’ipotesi su 30 topi affetti dall’analogo murino della malattia, che hanno effettivamente ottenuto un miglioramento della visione dopo l’intervento.
Il risultato, osservano i ricercatori, suggerisce che l’approccio con CRISPR-Cas9 possa essere applicato alla retinite pigmentosa – e forse anche ad altre patologie degenerative della retina – indipendentemente dalle mutazioni genetiche sottostanti.
Serve ancora molto studio per uno sviluppo sempre migliore ed efficiente di CRISPR, ma gli eccellenti risultati ottenuti fin ora lasciano presupporre che questa tecnica potrebbe rivoluzionare
la terapia anche di malattie attualmente non curabili, permettendo di compiere così un grande passo alla medicina e alla farmacologia nei prossimi anni.
Articolo a cura di: Rosario Seminerio